«Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia».
(Sandro Pertini)
La strage di Bologna, compiuta la mattina di sabato 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, è il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra, da molti indicato come uno degli ultimi atti della strategia della tensione.
Come esecutori materiali furono individuati dalla magistratura alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari, tra cui Valerio Fioravanti. Gli ipotetici mandanti sono rimasti sconosciuti, ma furono rilevati collegamenti con la criminalità organizzata e i servizi segreti deviati.
Nell’attentato rimasero uccise 85 persone e oltre 200 rimasero ferite. Le indagini si indirizzarono quasi subito sulla pista neofascista, ma solo dopo un lungo iter giudiziario e numerosi depistaggi (per cui furono condannati Licio Gelli, Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza), la sentenza finale del 1995 condannò Valerio Fioravanti e Francesca Mambro «come appartenenti alla banda armata che ha organizzato e realizzato l’attentato di Bologna» e per aver «fatto parte del gruppo che sicuramente quell’atto aveva organizzato», mentre nel 2007 si aggiunse anche la condanna di Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti.
Il 2 agosto 1980 alle 10:25, nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, venne fatto esplodere e causò il crollo dell’ala Ovest dell’edificio. La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta «Compound B», potenziata da 18 kg di gelatinato (nitroglicerina a uso civile).
L’esplosivo, di fabbricazione militare, era posto nella valigia, sistemata a circa 50 centimetri d’altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala Ovest, allo scopo di aumentarne l’effetto: l’onda d’urto, insieme ai detriti provocati dallo scoppio, investì anche il treno Ancona-Chiasso, che al momento si trovava in sosta sul primo binario, distruggendo circa 30 metri di pensilina, ed il parcheggio dei taxi antistante l’edificio. L’esplosione causò la morte di 85 persone e il ferimento o la mutilazione di oltre 200.
La città reagì con orgoglio e prontezza: molti cittadini, insieme ai viaggiatori presenti, prestarono i primi soccorsi alle vittime e contribuirono ad estrarre le persone sepolte dalle macerie e, immediatamente dopo l’esplosione, la corsia di destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna, su cui si trova la stazione, fu riservata alle ambulanze e ai mezzi di soccorso. Dato il grande numero di feriti, non essendo tali mezzi sufficienti al loro trasporto verso gli ospedali cittadini, i vigili impiegarono anche autobus, in particolare quello della linea 37, auto private e taxi.
Al fine di prestare le cure alle vittime dell’attentato, i medici e il personale ospedaliero fecero ritorno dalle ferie, così come i reparti, chiusi per le festività estive, furono riaperti per consentire il ricovero di tutti i pazienti. L’autobus 37 divenne, insieme all’orologio fermo alle 10:25 (anche se fu rimesso in funzione, e fermato successivamente), uno dei simboli della strage. Di una delle vittime (la ventiquattrenne Maria Fresu) non venne ritrovato il corpo. Soltanto il 29 dicembre 1980, fu accertato che alcuni resti ritrovati sotto il treno diretto a Basilea appartenevano a lei. Evidentemente ella si era trovata così vicino alla bomba che il suo corpo fu completamente disintegrato dall’esplosione.
Nei giorni successivi, la centrale piazza Maggiore ospitò imponenti manifestazioni di sdegno e di protesta da parte della popolazione e non furono risparmiate accese critiche e proteste rivolte ai rappresentanti del governo, intervenuti il giorno 6 ai funerali delle vittime celebrati nella Basilica di San Petronio. Gli unici applausi furono riservati al Presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto con un elicottero a Bologna alle 17:30 del giorno della strage, che in lacrime affermò di fronte ai giornalisti: «Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia».
Le vittime furono 85, la più giovane di 3 anni (Angela Fresu) e la più vecchia di 86 anni (Antonio Montanari). Qui sotto un elenco dei nomi, seguiti dall’età.
Antonella Ceci, 19
Angela Marino, 23
Leo Luca Marino, 24
Domenica Marino, 26
Errica Frigerio, 57
Vito Diomede Fresa, 62
Cesare Francesco Diomede Fresa, 14
Anna Maria Bosio, 28
Carlo Mauri, 32
Luca Mauri, 6
Eckhardt Mader, 14
Margret Rohrs, 39
Kai Mader, 8
Sonia Burri, 7
Patrizia Messineo, 18
Silvana Serravalli, 34
Manuela Gallon, 11
Natalia Agostini, 40
Marina Antonella Trolese, 16
Anna Maria Salvagnini, 51
Roberto De Marchi, 21
Elisabetta Manea, 60
Eleonora Geraci, 46
Vittorio Vaccaro, 24
Velia Carli, 50
Salvatore Lauro, 57
Paolo Zecchi, 23
Viviana Bugamelli, 23
Catherine Helen Mitchell, 22
John Andrew Kolpinski, 22
Angela Fresu, 3
Maria Fresu, 24
Loredana Molina, 44
Angelica Tarsi, 72
Katia Bertasi, 34
Mirella Fornasari, 36
Euridia Bergianti, 49
Nilla Natali, 25
Franca Dall’Olio, 20
Rita Verde, 23
Flavia Casadei, 18
Giuseppe Patruno, 18
Rossella Marceddu, 19
Davide Caprioli, 20
Vito Ales, 20
Iwao Sekiguchi, 20
Brigitte Drouhard, 21
Roberto Procelli, 21
Mauro Alganon, 22
Maria Angela Marangon, 22
Verdiana Bivona, 22
Francisco Gómez Martínez, 23
Mauro Di Vittorio, 24
Sergio Secci, 24
Roberto Gaiola, 25
Angelo Priore, 26
Onofrio Zappalà, 27
Pio Carmine Remollino, 31
Gaetano Roda, 31
Antonino Di Paola, 32
Mirco Castellaro, 33
Nazzareno Basso, 33
Vincenzo Petteni, 34
Salvatore Seminara, 34
Carla Gozzi, 36
Umberto Lugli, 38
Fausto Venturi, 38
Argeo Bonora, 42
Francesco Betti, 44
Mario Sica, 44
Pier Francesco Laurenti, 44
Paolino Bianchi, 50
Vincenzina Sala, 50
Berta Ebner, 50
Vincenzo Lanconelli, 51
Lina Ferretti, 53
Romeo Ruozi, 54
Amorveno Marzagalli, 54
Antonio Francesco Lascala, 56
Rosina Barbaro, 58
Irene Breton, 61
Pietro Galassi, 66
Lidia Olla, 67
Maria Idria Avati, 80
Antonio Montanari, 86