#Popcorn‬, Veltroni/Renzi

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 4 febbraio 2015

Ogni tanto Veltroni sembra davvero cogliere lo spirito del tempo. O forse è lo spirito del tempo che si impossessa di lui. Tant’è che oggi leggo sul Corsera una sua dichiarazione (e un suo timore) che io ritengo sottoscrivibile. Dice l’ex Segretario PD che, se Renzi fosse un film, “sarebbe Tempi moderni di Chaplin, ha una leadership con la velocità, la necessità di decisione, dei tempi di oggi”. Anche se, poi aggiunge, “rischiamo di essere il tempo dei selfie, del presentismo”. Amara ma perfetta considerazione. Il tempo dei selfie, l’istantanea che autofissa e inchioda tutti al qui e ora, come si diceva una volta, quando si aveva una considerazione del temporalità ben più viva di adesso. E il presentismo, ossia l’idea che il presente sia tutto, che noi viviamo un’esperienza 2D, senza profondità storica né prospettive o progetti futuri, e conta solo essere qui, e domani è un altro giorno si vedrà. Ma questa è la modernità? Questo vivere nel cantuccio del presente? Questo restare a galla, senza mai rischiare la profondità? Cosa inquadrano i selfie, cosa ‘congelano’, quali volti si specchiano nel staticità di quei frame? Confesso di non capire quale legame possa esservi tra le turbo dichiarazioni del premier e questa minaccia incombente del presentismo, che indica invece i tempi morti di chi non solo non sa pensare adeguatamente lo spazio della politica, ma fa fatica pure a intravedere e sfidare la profondità e il dinamismo temporale.

Profondissima aporia, perché il tempo è la cornice dei media, che resterebbero inspiegabili se non fossero classificati sotto questa categoria: essi sono le storie che ci raccontano, le immagini che si accavallano, la velocità che imprimono ai fatti, l’oblio che ne segue, la rapidità con cui consumano figure, cose, persone, immagini, pezzi consistenti di realtà. Come conciliare questa idea del galleggiamento, del presentismo e questo dipingersi in una immagine che ci imprigiona, con le dichiarazioni turbocompresse, l’appello alla fretta, i continui strappi verbali? Difatti, non c’è mediazione alcuna. È solo nominalismo, emissione vocale, ‘posa’, che poco ha a che fare con la realtà comunque ‘presentificata’ e con i selfie che ci immobilizzano. Un cambiamento senza cambiamento, insomma. Il tempo dei media senza il tempo storico. Lo spazio della rete senza lo spazio del territorio e della politica. I media invece dei partiti. I nostri tempi sono figli di questa megascissione: da una parte il richiamo costante al futurismo (il candidato alla Presidenza emiliana lanciò lo slogan “cambiamo il futuro”, ossia una cosa che non esiste), dall’altra la realtà paludosa e lo sguardo di medusa dei selfie (con tutto ciò che ne deriva in termini di isolamento, solitudine, separazione, confinamento, congelazione, astrattezza, finzione). Una divaricazione che è destinata ad esplodere, siatene certi, svellendo il terreno su cui poggia tutto l’attuale ambaradan, sovvertendo equilibri delicatissimi, facendo ballare il charleston a molti potenti. Bisognerebbe, invece, rientrare a pieno nello spazio della politica, togliendo di mezzo tutti i tavoli su cui si sta parallelamente giocando, ma non è tipo Renzi per questo. Bisognerebbe aprire una partita a viso aperto, una sfida vera, senza tanti bluff e ammuine. Ma anche questo non è per lui. Renzi è uomo di galleggiamento e di boe a cui poggiarsi e riferirsi: senza più quella di Napolitano, e con Berlusconi a rischio, dove va? Fosse che fosse che si ritrovi davvero da solo? #popcorn

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