di Alfredo Morganti – 5 novembre 2016
Il premier, le commissioni e le auto usate
Non conosco il documento sull’Italicum che starebbe preparando la commissione dove siede anche Cuperlo. Secondo Speranza è pieno di condizionali. Ammettiamo che sia pieno invece di frasi affermative, ammettiamo che ci sia scritto, nero su bianco e senza subordinate, che l’Italicum cambierà in modi e forme prestabiliti e sottoscritti anzitempo. Nemmeno una vaga promessa, ma una certezza assodata, sulla quale si possa stare tranquilli che diverrà realtà, nonostante Renzi (come racconta oggi Stumpo al ‘Dubbio’ a proposito di vecchie promesse sull’art. 18) in materia di promesse sia davvero poco affidabile. Ammettiamo che ci sia un patto vero, tra gentiluomini. Bene. Il 4 dicembre però si vota, e a causa di quel voto il Paese subirà in ogni caso una ‘scossa’ politica. Come si fa a esser certi, allora, che quel che viene sottoscritto oggi, domani, dopo le forche caudine referendarie, resti assodato?
Non solo. Ammettiamo il caso che vinca il Sì. Ce lo vedete Renzi che, carico a pallettoni per la vittoria, si concede ‘buonisticamente’ alle promesse stipulate (non da lui, si badi, ma da una commissione!) quando ancora si navigava nell’incertezza del pre-voto? Del testa a testa? Sarebbe capace di resistere alla tentazione di dare il colpo finale alla ‘vecchia guardia’, utilizzando proprio l’Italicum, che è legge già in vigore? Ma come, manca soltanto la spallata finale a un mondo che lui ha nel mirino da anni, e perde tempo a cambiare l’Italicum? Certo, magari lo cambia solo nella parte che desidera, il premio alla coalizione, ma per il resto dirà che non ci sono i numeri, pazienza, cosa vogliono d’altronde questi comunisti che hanno pure perso il referendum! Il valore della commissione è al presente, non al futuro, il futuro non esiste, va bene solo per essere citato nel claim della Leopolda: mezzucci, propaganda. E poi, come spiega la Meli, “il lavorìo sulla riforma dell’Italicum riguarda gli alleati di governo”, non la minoranza, non Cuperlo, non le commissioni, non chi voterebbe ‘no’, ma già vota ‘sì’. Alfano, Verdini. Chiaro, no?
Ma potrebbe anche vincere il No, voi direte. Certo, come no. Sempre la Meli spiega che “se il referendum dovesse andar male Matteo Renzi si dimetterebbe”. È una possibilità. Nel clima che si aprirebbe, immaginate se qualcuno si ricorderà della firma di Cuperlo, apposta in extremis, a ridosso del voto, in campagna elettorale, con Renzi che si gioca tutto (“La crescita del Sì nei sondaggi è netta e implacabile e io me la gioco tutta” ha detto ‘ai suoi collaboratori’ che poi lo hanno riferito alla stessa Meli). Uno che se la gioca tutta, pensate se avrà voglia di trattare con Cuperlo dopo il ceffone elettorale. Pensate se sarà ancora in grado di farlo. Forse l’Italicum verrebbe cambiato comunque, ma senza alcun cenno alla commissione, morta e sepolta dalle schede elettorali. Forse ci sarebbe un Renzi II, e i giochi si riaprirebbero al punto da sparigliare le carte in modo totale, stabilendo così tra la commissione e il tempo della politica successivo alla boa referendaria un lasso di tempo infinito. Forse, forse, forse. Senza dimenticare che dall’altra parte del tavolo c’è quello che ha scritto l’hashtag a Letta, e poi, in combutta con altri poteri istituzionali, ha ribaltato lo stesso Letta, il tavolo, e pure le regole del gioco costituzionale. Appuntatevelo, se soffrite di amnesie. Voi comprereste da Renzi un’auto usata? Io no, per dire. Cuperlo sì, purtroppo.